Nel corso della sua vita, una persona può scegliere se andare a cena con Buzzi o scendere in piazza con Libera. Ma se sei il ministro Giuliano Poletti ti puoi permettere il lusso di non scegliere e fare quello che vuoi, puoi stringere rapporti con il mondo di Mafia Capitale e sfilare con il mondo dell’anti-mafia il giorno dopo. Il tutto, ovviamente, senza provare un briciolo di vergogna. Ma qui non ci interessa il profilo del Poletti uomo d’affari, che ha portato il mondo della cooperazione a svelarsi per quello che è, vogliamo parlare del Ministro Poletti e di come intende il lavoro e il welfare. Cercando un po’, la prima cosa che salta all’occhio è la descrizione del Poletti figlio di contadini romagnoli poveri, che si iscrive al PCI, milita, viene eletto assessore, nominato segretario provinciale e poi, alla fine della scalata diventa presidente della Lega Coop. Insomma, un romagnolo vero, che unisce lotta di classe e carità cristiana. Ma non è neanche la persona ad interessare, è ciò che rappresenta l’aspetto più importante di tutta questa storia. Garanzia giovani e il Jobs Act come pilastri nel mercato del lavoro, Social Card e assistenzialismo nella lotta alla povertà.
Il fallimento dell’operazione “Garanzia Giovani” è sotto gli occhi di tutti, non solo per la misera quantità di ragazzi effettivamente collocati nel mercato del lavoro, ma soprattutto per la qualità del lavoro, se di lavoro si può parlare, offerto: infatti, “Le misure sulle quali si è investito di più sono i tirocini (a cui è stato destinato il 21,3% delle risorse complessivamente disponibili) e la formazione (20,3%), mentre solo una quota minimale è stata destinata all’apprendistato (4,5%)”. Una impostazione che, secondo i ricercatori, contrasta con l’indicazione europea di “riservare la massima priorità” alle “misure necessarie ad agevolare l’integrazione sostenibile dei Neet nel mercato del lavoro”. Infatti, “è sufficiente consultare le offerte di tirocinio presenti nel portale nazionale per cogliere come, nella stragrande maggioranza dei casi, queste celino vere esperienze lavorative senza alcun contenuto formativo”. Ci teniamo a sottolineare che questi dati sono presi dal report di Adapt, il centro studi sul lavoro fondato da Marco Biagi, non da Karl Marx.
Trovare offerte di tirocinio come lavapiatti, lavatore di automobili, segretaria o divulgatore per conto di SKY potrebbe far pensare ad un brutto scherzo, ma così non è. La logica è il lavoro, il lavoro a prescindere. A prescindere dai diritti, dalla retribuzione, dai tempi di vita, dalle possibilità future, dal grado di partecipazione al progresso della società, delle proprie aspirazioni e competenze. – “Lavora. Non ci interessa cosa fai, l’importante è che sei a servizio di qualcuno o qualcosa” – .
L’assistenzialismo del buon padre di famiglia cristiano cattolico è il marchio di fabbrica del Poletti Ministro; le proposte di sussidio vanno verso questa direzione (SIA, Reis), ossia privilegiare il capo-famiglia, quello che porta il pane a casa e non se ne parla di riconoscere l’individuo come tale e quindi portatore sano di diritti. Il JobAct si muove in questa direzione, nel caso di licenziamento verrà garantita una monetizzazione del lavoro perso per un piccolo periodo e nulla più. Quando viene superato e oltraggiato il limite della dignità personale entra in scena l’assistenza delle opere pie: Caritas, Comunità di Sant’Egidio e Misericordie varie. Perché al povero va data assistenza, ma mai l’illusione che può essere libero dai ricatti e dalla povertà. Dovrà aspettare la prossima, di vita.
Se sei Giuliano Poletti può andare a Bologna il 21 marzo a manifestare con Libera, contro le mafie e per il reddito di dignità; ma puoi anche dire, il 26 marzo, che i soldi per il reddito non ci sono, anche se a dicembre dell’anno precedente hai trovato 13 miliardi di euro da regalare alle imprese. Lo puoi fare, ma solo se sei Giuliano Poletti. Ma la verità è che per far uscire dal ‘900 l’Italia e 10 milioni di persone, servirebbe solo istituire il Reddito Minimo Garantito, di Dignità, chiamatelo come vi pare, ma l’importante è che sia individuale e universale.
Livio Grillo